Infiltrazioni per il dolore vertebrale e articolare - Francesco Cacciola

3.

Infiltrazioni per il dolore vertebrale e articolare

Indicazioni per le infiltrazioni spinali

Posso fare delle infiltrazioni per il mio mal di schiena, la mia sciatica?

La risposta breve a questa domanda è , in linea di massima:“sì”

Le infiltrazioni spinali, da distinguere ovviamente dalla semplice iniezione di farmaco nel muscolo, possono avere un ruolo ben preciso e una buona efficacia, in base alla problematica che abbiamo di fronte. 

L’infiltrazione spinale consiste nell’iniettare e quindi “depositare” un farmaco direttamente all’interno del canale vertebrale o comunque esternamente alla colonna vertebrale in determinati punti. Il vantaggio di questo tipo di trattamento è che si verifica la possibilità di portare il farmaco laddove utile, evitando quindi di doverlo far passare attraverso tutto l’organismo dopo che è stato preso per bocca, ad esempio, ed avere poi una piccola parte che agisce sulla struttura che va trattata. Per questo motivo, si può affermare che tutti quei casi di mal di schiena o di sciatica che richiedono un trattamento farmacologico potrebbero, in teoria, beneficiare anche dell’infiltrazione.

Tipi di infiltrazioni spinali

Che tipi di infiltrazioni spinali esistono ?

Il tipo di infiltrazione spinale si determina da una combinazione di due fattori:

  1. La sede dell’infiltrazione, ovvero la struttura che andiamo a infiltrare, sulla colonna vertebrale.
  2. Il tipo di farmaco che andiamo a infiltrare.

A) Infiltrazioni secondo sede

 

  • L’infiltrazione epidurale

Questa tecnica di infiltrazione, denominata (meglio conosciuta) spesso anche semplicemente (come) “epidurale”, prevede l’inserimento di un ago all’interno del canale spinale, passando fra una lamina vertebrale e un’altra. Epidurale vuol dire che si rimane esternamente al sacco durale dentro al quale sono raccolte le radicole nervose nel liquido cefalo-rachidiano e che unendosi vanno a formare i nervi spinali. Il farmaco infiltrato attraverso questa via va quindi a depositarsi nel canale spinale e esternamente alle strutture nervose, che vengono “avvolte” dal farmaco

Il vantaggio di questa tecnica è poter veicolare il farmaco direttamente nel punto di interesse, in modo che, nel caso di un nervo infiammato per via di un’ernia, è possibile “avvolgere” o “bagnare” questo nervo direttamente con il farmaco, confermandosi come la via più diretta ed efficace. Il farmaco somministrato in questo modo, arrivando direttamente all’obiettivo, va a “pesare” quindi solo minimamente sul resto dell’organismo. 

Per i rischi dell’epidurale, si rimanda alla sezione dedicata. 

 

  • L’infiltrazione radicolare transforaminale

Questa tecnica di infiltrazione è simile all’epidurale, in quanto va a veicolare il farmaco direttamente vicino al nervo, con l’obiettivo di “avvolgere” la struttura nervosa. Essa è ancora più mirata dell’epidurale perché il farmaco non viene infiltrato nel canale vertebrale – dove andrebbe a distribuirsi attorno a tutto il sacco durale – ma nel forame intervertebrale, attraverso il quale esce il singolo nervo spinale, che così può essere trattato in modo ancor più selettivo. 

Il vantaggio di questa tecnica è che si può ridurre ulteriormente la quantità di farmaco e massimizzare la precisione dell’intervento. Questo tipo di infiltrazione viene, infatti, eseguito idealmente con l’ausilio di un apparecchio per raggi X che dimostra le strutture anatomiche, e può essere praticato anche con l’ausilio della Tac (in tal caso si definisce “infiltrazione Tac-guidata”) e, in ultimo, ma con meno garanzia di precisione, sotto guida ecografica. 

Per i rischi, si rimanda alla sezione dedicata. 

 

  • L’infiltrazione delle faccette articolari

Come indicato già dalla denominazione, quest’infiltrazione va a depositare in maniera mirata il farmaco dentro e attorno alle articolazioni della colonna vertebrale. Ogni segmento vertebrale (formato da due vertebre e da un disco intervertebrale fra di loro) ha due articolazioni, definite anche “zigoapofisarie”, una destra e una sinistra. Queste articolazioni possono essere fonti di dolore se subiscono processi artrosici e con apposite infiltrazioni possono essere trattate direttamente. Anche in questo caso, ci si avvale della guida radiologica o ecografica per aumentare le precisione del segmento specifico da infiltrare laddove necessario. Se, invece, si vogliono infiltrare più segmenti insieme, si può anche fare a meno della guida per immagini, ma vanno utilizzati i reperti anatomici. 

Per i rischi, si rinvia alla sezione dedicata. 

 

  • L’infiltrazione sacroiliaca

Il concetto è sovrapponibile a quello delle faccette articolari, con la sola differenza che l’articolazione interessata è quella sacro-iliaca. Vi sono due di questi articolazioni, destra e sinistra, e fanno parte del bacino. 

 

  • L’infiltrazione paravertebrale

Come indicato già dalla denominazione, queste infiltrazioni non vanno direttamente sulla colonna vertebrale o nel suo interno, ma mirano al tessuto ligamentoso e muscolare accanto alla colonna vertebrale. In altre parole, l’obiettivo di queste infiltrazioni sono i muscoli e i legamenti che compongono, assieme alla colonna vertebrale come struttura ossea e nervosa, la schiena, il dorso e il collo. 

Avendo come obiettivo la muscolatura, cercando di sfiammarla e decontratturarla, esse sono meno precise e più diffuse, e possono essere eseguite con maggior facilità e meno rischi. 

 

  • L’infiltrazione intra-discale

Benché molto meno utilizzata rispetto alle tecniche finora illustrate, e risulti quale infiltrazione di farmaco a scopo antidolorifico quasi del tutto abbandonata, questa tecnica merita comunque di essere menzionata. Essa prevede l’introduzione di un ago all’interno del disco intervertebrale e deve necessariamente avvenire sotto guida radiologica. La via di accesso rimane abbastanza diffusa per procedure intradiscali, quali la termovaporizzazione tramite laser o la discectomia percutanea, come descritto nelle sezioni dedicate. 

 

B) Infiltrazioni secondo il tipo di farmaco impiegato

  • Infiltrazioni con cortisone

L’infiltrazione con il cortisone costituisce un “classico” fra le infiltrazioni. Essa è l’infiltrazione più diffusa e quella che esiste da più tempo nell’ambito delle infiltrazioni muscoloscheletriche. Come abbiamo già visto, il cortisone è un potente antinfiammatorio e l’infiammazione è il meccanismo più frequente che contribuisce a generare il dolore. Tutti i processi degenerativi, ovvero il semplice invecchiamento, possono accompagnarsi a infiammazione più o meno marcata in dati momenti, e ciò vale soprattutto per le articolazioni, i tendini e il complesso muscolo-fasciale. Si possono verificare, poi, eventi traumatici come le distorsioni e gli stiramenti che si accompagnano, o meglio scatenano, anch’essi forti reazioni infiammatorie. Risulta, quindi, evidente che la possibilità di depositare del cortisone proprio in vicinanza o nella struttura interessata (come nell’articolazione, ad esempio) rappresenti un grande vantaggio. 

Il cortisone agisce interrompendo la risposta infiammatoria del corpo, o per lo meno riducendola a livelli più “tollerabili”. Secondo questa dinamica, il cortisone funziona proprio come l’acqua che spegne o riduce un incendio. In base alla gravità dell’incendio e la quantità di acqua versata, l’incendio si può spegnere del tutto, oppure dopo un pò ripartire e richiedere altra acqua. La situazione è molto simile per il cortisone. 

Una particolarità da tenere presente nel caso del cortisone, e che lo distingue dall’esempio dell’acqua con l’incendio, è che il “fuoco”, ovvero l’infiammazione che il cortisone deve spegnere, è un meccanismo generato dal nostro stesso corpo: esso è un meccanismo generato dal nostro corpo per avviare proprio la riparazione dei tessuti interessati dall’infiammazione. Questa particolarità è importante perché comporta tutta una serie di ripercussioni sul trattamento. Vediamone i molteplici risvolti. 

L’infiammazione è, quindi, un meccanismo necessario per il corpo per avviare la guarigione, però fa male! Un male necessario – si potrebbe dire –, ma perché allora non si cerca di togliere solo il dolore con un farmaco che non blocca l’infiammazione?

Questa domanda è tutt’altro che banale e, infatti, benché siano tanti decenni ormai che si praticano le infiltrazioni col cortisone, la loro efficacia , il rapporto costo-beneficio e le indicazioni esatte per il loro uso sono ancora oggetto di studio. 

Sicuramente, l’infiltrazione di cortisone si è guadagnata la sua popolarità e la sua diffusione grazie al fatto che semplicemente “funziona”, nella maggior parte dei casi. Ma non sempre la soluzione che colpisce per la sua immediata efficacia è anche la soluzione più sostenibile e duratura. Spesso, anzi,  le soluzioni facili hanno vita breve, agiscono in maniera troppo superficiale o troppo dirompente, e richiedono generalmente l’aggiunta concomitante di una modalità di intervento più sul lungo termine. In altre parole, il cortisone funziona molto bene per togliere il sintomo, ma non fa niente per rimuovere la causa. E finchè la causa persiste, il sintomo ha una grande probabilità di ripresentarsi. Non solo, ma visto che il sintomo, così come previsto dalla natura, serve per portare l’attenzione al problema e risolverlo, una volta che venga rimosso il sintomo, verrebbe rimossa anche l’attenzione alla causa, che non viene riparata, e di conseguenza il problema avrà la possibilità di crescere e di propagarsi, e finanche di peggiorare. 

Facciamo un esempio concreto con il cortisone: 

Un paziente di una certa età soffre di dolori alla spalla. La causa dei dolori è una combinazione di età, con depositi di calcio lungo i tendini e il restringimento del passaggio dei tendini per via dell’artrosi e di una cattiva postura e di non corrette abitudini di movimento. Tutti questi fattori fanno sì che i tendini della spalla lavorino male, sotto compressione e tensione eccessiva, e scorrano in spazi ristretti, e quindi si infiammino, con insorgenza del dolore e della limitazione del movimento. 

In questa situazione, l’infiltrazione di cortisone può fare miracoli nel senso che depositandolo all’interno dell’articolazione e nella sede perarticolare dove scorrono i tendini, esso può sfiammare tutto e migliorare immediatamente il quadro complessivo. Ma non viene fatto niente per migliorare le cause sopra elencate, come la cattiva postura o i movimenti sbagliati o il restringimento del passaggio dei tendini. Il nostro paziente, migliorato per quanto riguarda il dolore e il movimento, riprenderà quindi il suo movimento tale e quale come prima, e il danno strutturale si approfondirà fino a sviluppare nuovamente i sintomi. A questo punto, egli magari ricorrerà nuovamente alla stessa infiltrazione, che probabilmente farà sempre meno effetto e passerà sempre più tempo, durante il quale il danno materiale andrà ad approfondirsi, fino ad arrivare eventualmente alla rottura di uno o più tendini.

  • Infiltrazioni con ozono

L’ozono è un farmaco che viene infiltrato sotto forma gassosa. Esso gode di grande popolarità per via della sua funzione antinfiammatoria e in quanto è sostanzialmente privo di effetti collaterali. 

Oltre alla funzione antinfiammatoria, l’ozono può vantare diverse, altre proprietà: l’ossigenizzazione dei tessuti, la neutralizzazione di radicali liberi coinvolti nella degenerazione del tessuto, un miglioramento della circolazione sanguigna locale,  e un effetto antibatterico, antivirale e antifungino. 

Mentre in un caso di compromissione meccanica avanzata di un’articolazione o di un problema alla colonna vertebrale l’ozono non sarà in grado di apportare delle modifiche strutturali, e quindi risolvere il problema all’origine, le sue caratteristiche sopradescritte possono, però, avere un effetto rigenerante sulle strutture tessutali. In questo modo, l’ozono ha un potenziale antinfiammatorio, rigenerante e protettivo sui tessuti coinvolti, a differenza del cortisone, che invece tende a indebolire i tessuti. Essendo meno potente del cortisone, ma allo stesso tempo anche meno nocivo per i tessuti, occorre eseguire cicli di più infiltrazioni in maniera ravvicinata, e solitamente un ciclo consiste in 10 sedute di infiltrazioni a ritmo settimanale.

  • Infiltrazioni con destrosio iperosmolare (Proloterapia)

La proloterapia deriva il suo nome dalla parola “prolilferazione”, ovvero crescita di un insieme di elementi per via della loro divisione e moltiplicazione. Nel caso di un tessuto, ad esempio, la proliferazione comporta che le cellule che formano il tessuto si moltiplichino, ingrandendo la struttura tessutale. Essendo la proloterapia una tecnica infiltrativa, le strutture che vengono ingrandite attraverso la stimolazione della crescita delle proprie cellule sono principalmente i legamenti ed i tendini che vengono infiltrati. La modalità con la quale la proloterapia stimola la crescita di un tendine o legamento è la creazione di una risposta irritativa tale da avere la capacità di stimolare il corpo a “autoripararsi”, e quindi crescere. 

Infiltrando il destrosio (glucosio destrogiro) a una concentrazione elevata nella struttura tendinea, questa può rispondere con l’andare del tempo con un suo ingrandimento e rafforzamento, e così stabilizzare la struttura articolare o muscolare che viene trattata. La concentrazione della soluzione glucosata infiltrata è generalmente fra il 12% ed il 20%, e viene mescolata a una certa quantità di anestetico locale. 

La proloterapia avrebbe, così, anch’essa un potere rigenerante sulla struttura infiltrata, e agendo attraverso la stimolazione di processi di crescita, che passa appunto da una fase irritativa,  la distanza delle sedute di infiltrazione è di norma fra 3 e 6 settimane, per un totale di circa 6 sedute

  • Infiltrazioni con acido ialuronico

L’acido ialuronico è una sostanza naturalmente presente nel nostro corpo e si trova, fra l’altro, nel tessuto connettivo della cute, nella cartilagine e nei tendini, ed è presente anche all’interno delle articolazioni nel liquido sinoviale. Questo liquido viscoso, raccolto all’interno dell’articolazione attraverso una capsula che racchiude le superfici articolari, va a “lubrificare” l’articolazione. L’infiltrazione di acido ialuronico nell’articolazione viene perciò pure definita “viscosupplementazione”, perché aggiunge e ricrea viscosità laddove questa è stata diminuita dai processi di invecchiamento e di degenerazione e dall’infiammazione.

Considerando che le articolazioni della colonna vertebrale sono molto piccole con uno spazio articolare spesso “virtuale”, questo tipo di infiltrazioni non ha un ruolo specifico nella colonna vertebrale

  • Infiltrazioni con plasma ricco di piastrine (PRP)

Il plasma ricco di piastrine o gel piastrinico è una soluzione ottenuta attraverso la centrifugazione di un prelievo di sangue autologo, ovvero del paziente stesso, che viene poi infiltrato nell’articolazione, tendini o muscoli da trattare. Il principio di funzionamento del gel piastrinico deriva dal fatto che le piastrine sono ricche di fattori di crescita endogeni, del nostro stesso corpo, e questo concentrato di sostanze stimolanti la crescita favorisce essenzialmente il miglioramento del processo degenerativo e infiammatorio, fino a portare alla rigenerazione nei casi meno severi. 

Considerando anche in questo caso che la colonna presenta articolazioni piccole, il ruolo di infiltrazioni articolari di gel piastrinico è piuttosto limitato e trova più indicazione, come l’acido ialuronico, nelle grandi articolazioni o nelle tendinopatie

 

Dottore, ma le infiltrazioni spinali sono efficaci? Servono?

Questa è una domanda logica e importante sotto più di un aspetto, e la risposta dipende da vari fattori

Secondo la maggior parte degli studi scientifici, possiamo dire che la probabilità di risposta positiva, stratificata su tutti i tipi di infiltrazione, va dal 50% all’ 80% circa

Per tentare di risultare nella fascia alta di questa probabilità, occorre concentrarsi su due fattori: la corretta indicazione e la risposta individuale del paziente

Quanto alla corretta indicazione, il senso della questione è piuttosto ovvio: se ho il mal di testa, dovrò prendere un antidolorifico e non un antibiotico, per fare un esempio paradossale. Nel caso delle infiltrazioni spinali, e articolari in  genere, occorre pertanto definire prima di tutto se il problema si presti all’infiltrazione, e abbiamo già visto che in linea di massima l’infiltrazione può essere indicata in tutti quei casi che beneficiano di un trattamento farmacologico

Occorre poi scegliere correttamente la sede e il tipo di farmaco da infiltrare, e infine eseguire correttamente la procedura, sia per quanto riguarda la tecnica  che la frequenza degli interventi.  

Resta, poi, da considerare il secondo fattore da cui dipende l’efficacia delle infiltrazioni: la risposta individuale del paziente. É importante tenere presente che ognuno di noi è diverso nel vero senso della parola e ciò si conferma come assolutamente vero anche per quanto riguarda la risposta ai farmaci, inclusi gli antidolorifici. Le nostre cellule sono dotate di recettori che interagiscono con gli antidolorifici e che determinano se rispondiamo o meno a un farmaco. A causa della variabilità di questi recettori fra individui diversi, è pertanto possibile che un paziente risponda benissimo a un dato farmaco, mentre l’altro non ne trarrà nessun beneficio. 

A parità di corretta indicazione ed esecuzione dell’infiltrazione, possiamo quindi affermare che non tutti i pazienti rispondono a tutti i trattamenti in maniera analoga, e spesso occorre individuare la risposta strada facendo, adeguando la terapia lungo il percorso

 

Che rischi e effetti collaterali hanno le infiltrazioni spinali ?

Trattandosi con le infiltrazioni di manovre invasive, anche se minimamente, possono verificarsi in qualsiasi tipo di infiltrazione le classiche complicazioni di sanguinamento, con formazione di ematomi , e infezioni

In base alla gravità con la quale queste complicazioni si verificano, potrebbe risultare o meno un danno permanente che, nel caso di un sanguinamento nel canale spinale dopo infiltrazione epidurale, può essere anche la paralisi, o nel caso di un’infezione, una diffusione sistemica della stessa con setticemia. Sono chiaramente gli scenari peggiori e hanno un rischio estremamente basso, specie se vengono prese le giuste precauzioni, ma non si può fare a meno di informarne il paziente e raccogliere il consenso sulla sua consapevolezza di queste spiacevoli possibilità. Un altro rischio verificabile, sempre da collegare direttamente alla procedura e introduzione dell’ago, è la lesione diretta di una struttura nervosa attraverso la semplice puntura o attraverso la puntura e l’iniezione del farmaco nel suo contesto con conseguente danno. Lo stesso vale per la puntura diretta di un vaso, e l’iniezione del farmaco direttamente nel circolo sanguigno con conseguente sovradosaggio. 

Oltre a questi rischi, collegati alla procedura tecnica dell’infiltrazione stessa, restano poi gli effetti collaterali possibili dei vari farmaci che vengono iniettati e che andiamo a vedere.

 

  •  Effetti collaterali del cortisone

Il cortisone è molto potente come antinfiammatorio e in quanto tale sicuramente costituisce un farmaco prezioso e spesso da considerarsi anche come “salvavita” vero e proprio. Ma in virtù di questa sua potenza esso è in grado di interferire anche con tutta una serie di processi generali che si svolgono nel nostro organismo, e va pertanto utilizzato con indicazioni e modalità precise. 

Come già osservato, il cortisone può in maniera efficace controllare il dolore che deriva dall’infiammazione articolare o nervosa e può così “distrarre” l’attenzione dalla soluzione del problema all’origine, che viene quindi trascurato. Questo effetto è però raro, in quanto il medico che pratica le infiltrazioni si limita generalmente a un’unica infiltrazione o comunque a un numero limitato nel tempo. Una regola generica per le infiltrazioni spinali è quella di non praticare più di tre infiltrazioni in un anno. Si evitano, così, anche gli altri effetti collaterali, che possono essere un danno diretto alla struttura dei legamenti e anche del complesso osseocartilagineo che possono essere indeboliti dal cortisone. In ultimo, vanno considerati effetti cosiddetti “sistemici”, che derivano dall’azione del cortisone sull’organismo in genere. Essendo un ormone, o una molecola comunque simile a ormoni nel nostro corpo, il cortsione può interferire con tutta una serie di processi, come alterazioni della glicemia o della pressione, per rammentare solo due tra i più rilevanti. 

 

  • Effetti collaterali dell’ozono

Come già ricordato sopra, gli effetti collaterali dell’ozono nelle infiltrazioni sono minimi e rari e si limitano generalmente a qualche possibile reazione locale nel sito di iniezione. Il gas non dovrebbe, in ogni caso, essere iniettato direttamente nel circolo sanguigno, così come non dovrebbe essere direttamente respirato, entrambe condizioni che non si pongono nel caso di una corretta esecuzione della tecnica infiltrativa. 

 

  • Effetti collaterali della proloterapia

Il destrosio o glucosio che viene utilizzato in questa terapia non ha praticamente effetti collaterali ed è pertanto molto sicuro. Il rischio di infezione è molto basso e gli effetti collaterali sono generalmente dovuti o a una errata tecnica di infiltrazione che può danneggiare un nervo, ad esempio, o a un’allergia all’anestetico locale. 

Considerando che con la proloterapia l’obiettivo è irritare il tessuto, e quindi creare una certa infiammazione, per stimolare ad autoripararsi e a crescere, il periodo di pausa fra le sedute di infiltrazione può essere caratterizzato da un aumento del dolore transitorio, che poi scema gradualmente verso il miglioramento o si riattesta, comunque, al livello iniziale.

 

  • Effetti collaterali dell’acido ialuronico e del gel piastrinico

Trattandosi in entrambi i casi di sostanze che naturalmente sono presenti nell’organismo – nel caso del gel piastrinico addirittura provenienti dal paziente stesso –, gli effetti collaterali sono praticamente assenti.

 

Sono a tua completa disposizione per parlare insieme del tuo caso